La conquista normanna della Sicilia richiese più di trent’anni di guerra dal 1060 al 1091. Infatti, dopo due secoli di occupazione da parte del popolo arabo l’arrivo dei normanni riportò definitivamente la Sicilia nell’orbita Europea ma non riuscì a cancellare le tangibili tracce lasciate dagli arabi. Così i nuovi conquistatori dell’isola rimasero a loro volta conquistati dal mondo arabo-siciliano tanto da adottarne cultura e tradizioni. i normanni giunsero nell’Italia meridionale nel 1043: i dodici fratelli Altavilla, costituirono potenti signorie territoriali, estendendo a poco a poco il loro dominio al sud della penisola ed alla Sicilia. Di questa famiglia, Ruggero I cacciò gli arabi dalla Sicilia e Ruggero II pose la capitale del regno a Palermo assumendo il titolo di re di Sicilia e di Puglia, ciò dell’Italia meridionale. La dominazione normanna soprattutto nel periodo degli Altavilla ha segnato un periodo particolarmente positivo nella storia dell’Italia meridionale, perchè dopo secoli di disgregazione il mezzogiorno d’Italia trovò una guida politica unitaria. Ruggero II creò uno stato centralizzato, amministrato da un corpo di efficienti funzionari, curò in modo particolare l’amministrazione finanziaria e diede alla Sicilia una specie di parlamento che aveva solo carattere consultivo. Ruggero II rimase talmente affascinato dalla concezione orientaleggiante del sovrano da considerarsi un vero e proprio “basileius” orientale, adottando il cerimoniale della corte di Bisanzio, e richiamando su di se diverse scomuniche del Papa, poichè al potere della chiesa aveva anteposto quello regio. La Sicilia di Ruggero e dei suoi successori fu appunto un luogo d’incontro tra diverse culture, la più conosciuta fra le quali è quella arabo-normanna. La fioritura artistica di questo periodo fu notevole soprattutto a Palermo (chiesa di S. Giovanni degli Eremiti, Cappella Palatina e chiesa della Martorana). E’ naturale che un sovrano dotato di carisma come Ruggero II suscitasse la fantasia del popolo siciliano, religioso e superstizioso al contempo, portava a piegarsi con rassegnazione alle vicende ma anche a costruire attorno ad esse colorite e quasi magiche leggende. Tra le più famose ricordiamo quella dello stendardo di seta donato dal Papa a Ruggero II e quella del castello di Calascibetta. Quest’ultima riguarda l’assedio di Enna posto da Ruggero II, ingannato dagli Ennesi che gli avevano fatto credere di avere ancora molte provviste; ma una donna, Betta, rivelò l’inganno e presa Enna Ruggero ricompensò la donna regalandole un castello che prese il suo nome.
Un’altra leggenda è legata a Guglielmo II, predecessore del Gran Conte al palazzo della Zisa. In questo palazzo, nell’arco dell’entrata ci sono dipinti dei diavoli che custodirebbero un enorme tesoro; secondo la leggenda chi va a guardarli il 25 marzo, giorno dell’Annunziata , vede che muovono la coda e la bocca e non è capace di contarli. La dinastia degli Altavilla si estinse per mancanza di eredi. L’ultima erede dei possessi normanni, Costanza d’Altavilla sposò Enrico VI figlio di Federico Barbarossa dando così luogo all’avvento della dinastia Sveva in Sicilia. Enrico VI passato alla storia come uno dei sovrani più crudeli, essendo circondato da funzionari e vescovi altrettanto malvagi, a ciò è ricollegabile la leggenda del cavallo; che, affidato ad uno scudiero, fuggi via gettandosi dentro il cratere dell’Etna qui lo scudiero trovò Re Artù che lo rimandò dal vescovo con un messaggio: se voleva il cavallo doveva recarsi di persona a prenderlo entro il quattordicesimo giorno altrimenti sarebbe morto. Il quattordicesimo giorno il vescovo ordinò la condanna a morte dello scudiero ma morì mentre pronunciava la sentenza. Alla morte di Enrico VI, dopo vari contrasti, la corona di Sicilia passò al figlio Federico II. Spirito autoritario, ardente, egocentrico, insofferente di limitazioni, di controlli, di opposizioni; carattere deciso carattere deciso a far trionfare la propria volontà a tutti i costi, con la forza o con l’inganno, con la crudeltà più spietata o con la diplomazia più duttile e la magnanimità più lungimirante, in tutta la sua vita non ebbe che tre supremi interessi: godere, conoscere, dominare. Egli fu un grande sovrano tanto da essere chiamato “stupore del mondo” e da essere considerato “il primo uomo moderno insediato su un trono”. Principe italiano più che germanico, spostò la capitale dell’impero a Palermo, cercando di dar vita ad una monarchia assoluta retta da leggi chiare e precise alle quali nessuno doveva venir meno, tuttavia fu anche tollerante dimostrando rispetto per le minoranze arabe rimaste in Sicilia e lasciando a tutti la libertà di culto e di opinioni; questo sovrano ha lasciato l’esempio di un’organizzazione statale che prelude alle forme dello stato laico moderno. Diede inoltre molti stimoli all’agricoltura, all’industria della seta e dello zucchero e curò in modo particolare la cultura, facendosi promotore della scuola poetica siciliana, un cenacolo di dotti, di cui lui stesso faceva parte, provenienti da tutte le regioni d’Italia; in questo ambiente culturale il dialetto siciliano (dirozzato e ripulito) stava per diventare la lingua nazionale italiana.
Morto Federico iniziò un periodo di gravi contrasti, alla fine gli successe il figlio naturale Manfredi, ma questo venne sconfitto a Benevento da Carlo D’Angiò chiamato in Sicilia dal Papa. Anche l’ultimo erede degli Svevi, Corradino, venne sconfitto dagli Angioini e decapitato nella piazza del mercato di Napoli. Estintasi così la dinastia degli Svevi, gli Angioini si insediavano nell’Italia meridionale. Essi trasferirono la capitale da Palermo a Napoli, imposero pesanti tasse e trattarono la popolazione con l’arroganza dei conquistatori. Gli Angioini diventati nuovi signori del Regno di Sicilia, con il feudalesimo bloccarono l’espansione delle città e dei commerci che vi era stata sotto il dominio normanno e degli Svevi. Una testimonianza dell’odio dei siciliani per i francesi (Angioini) si riscontra nella leggenda di una giovinetta catanese che preferì gettarsi in un pozzo per non cedere alle insidie di un soldataccio francese.Dopo anni di sopportazione, finalmente i siciliani insorsero contro i francesi. La rivolta scoppiò a Palermo nel 1282, il lunedì di Pasqua all’ora del vespro (da ciò il nome di vespri siciliano). A fianco dei siciliani si schierarono gli Aragonesi di Spagna, imparentati con la figlia di Manfredi. Dopo vent’anni di guerra si giunse alla pace di Caltabellotta: la Sicilia passava agli Aragonesi, mentre il regno di Napoli restava agli Angioini. Col malgoverno degli Spagnoli per il Mezzogiorno d’Italia iniziavano i secoli bui della separazione e dell’arretratezza e cominciava a delinearsi la “questione meridionale” che ancora oggi attende una vera risoluzione.Concordando con il giudizio positivo espresso dai critici, ritengo che la dominazione Normanna e Sveva rappresenti uno dei momenti più significativi nella storia dell’Italia meridionale, perché elimina la piaga dell’anarchia feudale e favorisce un grande rigoglio economico, ma soprattutto artistico e culturale.